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Matilde 08-22 - I genitori e il mondo


di Alex46
11.11.2019    |    958    |    0 6.0
"- Ciao, mamma! Ci sei? – pronuncio con voce squillante..."
Le tre lettere triple dunque partono il giovedì mattina, m’incarico io di imbucarle. Anche se sono ben decisa a farlo, al momento di lasciarle cadere dentro la fessura ho una lieve esitazione. Controllo ancora gli indirizzi, mi fa specie vedere che sulla mia busta la mittente è allocata in via xxxx: sarà questo già un primo motivo di curiosità per i miei. Per loro io abito in via yyyy! Poi procedo, le tre lettere scompaiono con un fruscio. Da domani, ogni squillo dei nostri cellulari potrebbe essere quello buono... anche se non nutriamo alcuna fiducia nella celerità delle poste italiane.
E infatti la prima risposta giunge solo lunedì: la mamma di Michele, la signora Maria, gli telefona in fine mattinata. Ha ricevuto la lettera con la posta del mattino e vedendo che era del figlio non ha resistito un secondo. Senza aspettare il marito, cioè il secondo destinatario, lacera la busta e inizia avidamente a scorrerne il contenuto. Letta la prima delle due “buone” notizie si precipita a telefonare al marito Davide. Questi, al lavoro, dev’essersi preoccupato molto a sentire quanto rotta fosse la voce della moglie, vuole spiegazioni immediate, cerca di calmarla mentre lui stesso si lascia prendere dall’ansia.
La povera donna gli legge tutta la prima parte della lettera senza ancora conoscere il contenuto della seconda. E quando finalmente arriva alla comunicazione dei due nipoti in arrivo allora le trema la voce a tal punto da dover interrompere la lettura. Che riprende solo dopo momenti di silenzio, quando il sig. Davide se ne esce con un “Cristo!” direttamente dal cuore, seguito da un “Madonna santa”.
- Davide, io non ci posso credere... dimmi che sto sognando...
- Maria... abbiamo un figlio deficiente.
- Deficiente? Perché deficiente? Caso mai Debra, io non so, non capisco... sembrava tanto una brava ragazza...
- Perché, tu adesso difendi tuo figlio? Neghi l’evidenza di quanto sia immaturo e imprevidente? Cerchi di dare la colpa a Debra?
- Io non do colpe a nessuno, io sono annichilita, non so neppure cosa pensare... Davide... io adesso gli telefono... chissà come sta male dopo averci scritto una lettera così!
- Certo, poverino! La mammina corre a telefonargli... al suo cocco!
- Ma perché, tu non gli telefoneresti?
- Ma sì, prima o poi sì... ma lasciami almeno rinvenire un po’...
- Sì, sì, io però non posso aspettare e gli telefono subito.
La telefonata tra Michele e sua madre è lunga, ma per certi versi liberatoria. Aver scritto la lettera era una conditio sine qua non, ma il vero redde rationem era lì, in quel momento. Il figlio parla con la mamma, è ora il vero scambio, la reale trasmissione di ogni sentimento, lo svanire di ogni paura. La madre è carica di emozioni nuove e fortissime, ma almeno si libera da quell’orrenda sensazione per la quale viveva il figlio ormai così lontano da lei. Meglio ritrovarlo diverso da come lo ricordava che non ritrovarlo mai più...
Sono sicura che Michele ha avuto delle parole molto dolci per sua mamma. Rassicurarla del proprio immutato amore tramite consolatorie raffigurazioni del futuro più immediato. Poi la domanda spinosa: - E papà? Come l’ha presa?
- Al momento non certo bene... ti ha dato del deficiente... ma sai com’è fatto lui...
- Sì, mamma, lo so come è fatto. Vedrai che gli passerà. E non cercare di mediare tra me e lui, non credo ce ne sia bisogno. Piuttosto, tu: come vedi ora Debra?
- Non so che dire, Michele. Questa situazione è così distante dal mio modo di sentire... io non comprendoe come una donna possa innamorarsi di un’altra e soprattutto condividere con lei il suo uomo. Per me è una cosa dell’altro mondo, non so se riuscirò mai davvero ad accettarla, anche se capisco che non ci sono alternative... Già noi “anziani” facciamo fatica ad accettare i divorzi e le separazioni di questi anni, figurati “questo”...
- Mamma, vedrai che tutto si aggiusta. Pensa al fatto che stai aspettando due nipoti... non è bello?
- E casa? Avete già trovato casa?
Michele, a questa improvvisa domanda, capisce che almeno uno dei cinque genitori in quel momento sta entrando nella dimensione corretta. Ed è la prima informazione che dà a me e Debra, subito dopo.
Dopo la telefonata di Michele, francamente non riesco a pensare ad altro. Passo tutto il pomeriggio ad attendere spasmodicamente una telefonata dei miei che non arriva, fino a che esco dall’ufficio e mi avvio a casa. Qui arrivo verso le 18, per trovare una Debra al settimo cielo. Lei mi abbraccia, mi bacia, mi stringe forte. Verso le 16 non ce la faceva più ad aspettare, così ha telefonato alla madre Adele, senza neanche essersi immaginata cosa dire nel caso la donna non avesse ancora ricevuto la missiva.
- Debra... sono qui seduta sul divano... sono senza forze! Tu un giorno o l’altro mi farai morire. Lo sai cosa ho pensato mentre leggevo quello che mi hai scritto? La sai la cosa che ho pensato per prima?
- No, mamma... cosa?
- Ho pensato: se fosse vivo il tuo povero babbo... Poi mi è venuta l’idea che lui, dall’alto dei cieli, queste cose non poteva non saperle già... E non so perché, ho trovato questo pensiero molto rassicurante... consolatorio.
- Lo sai, mamma, quanto bene volevo a papà...
- Certo, amore, che lo so. E so anche quanto ti amava lui. Il Signore ha voluto così e il solo fatto ora di saperlo anch’io mi fa star meglio. Io avevo intuito che a Milano succedeva qualcosa di strano...
- Scusa, scusa, mamma... io non sapevo come dirtelo! Mi sentivo così codarda. E poi, in modo ancora più vigliacco, ho capito che la notizia del nipote avrebbe potuto cancellare quell’altra...
- Quale altra? Quella che ora ami due persone? Ascolta... prima di sposarmi io avevo un’amica... ma sì che la conosci... la Raffaella...
- Sì, certo, Raffaella! Non mi avevi detto che ora abita a Tolmezzo e ha roba come due o tre figli?
- Sì, tre figli. Ma quello che non ti ho mai detto è che noi due provavamo una forte attrazione una per l’altra. Una volta ci siamo anche baciate... e lei era già fidanzata! Poi le convenzioni, il buon senso e il fatto che eravamo in altri tempi hanno fatto sì che non siamo mai andate oltre...
- Mamma, questo proprio non l’avrei mai detto!
- Chi è senza peccato scagli la prima pietra! In ogni modo questa cosa l’avevo anche confessata al parroco...
- Davvero? Ce l’hai fatta? Io non so se riuscirei...
- Devo dire che mi è stato parecchio d’aiuto. Ricordo che mi disse di non pensare di essere la mosca bianca, che l’amore conosce molte più strade di quelle che possiamo vedere noi. Ricordo perfino che mi disse che avere inclinazione per una persona dello stesso sesso non è condannato neppure dai dieci comandamenti...
- È vero... però, scusa, il “non commettere atti impuri”...
- Non siamo scesi in questi particolari...
- Certo, certo... dunque tu non pensi che io sia una donna di...
- ... di facili costumi, vuoi dire? No, cara. Io credo che tutti i costumi siano difficili, quelli facili non esistono proprio. Se tu sei felice così... io lo sono altrettanto e non mi pongo altri problemi. Anche se prego per gli altri genitori...
- Quindi la lettera ti ha stravolta ma... tutto sommato sei felice, vero mamma?
- Sì, amore, sì... E non sai quanto.
- Non pensi che Michele sia il solito porco d’uomo...
- E come potrebbe? E poi, tu lo sai quanto gli voglio bene...
- Mamma, non sai quanto mi stai risollevando. Io avevo il terrore di raccontarti la verità di questi anni... ora mi sto proprio sciogliendo a sentirti dire queste cose!
- E a proposito di sciogliersi... Andrea o Monica, che nomi bellissimi! Anche Davide... solo India trovo un po’ strano, però brutto non è...
E a quest’uscita della madre, Debra capisce che anche lei la sta prendendo bene e guarda al futuro senza nessun rimpianto. L’amore è questo: accettare come è fatto l’amato, senza mai discuterlo. A meno che non sia un bambino da educare.
Più tardi arriva a casa anche Michele e mentre prepariamo una cena frugale con gli avanzi del giorno prima ci scambiamo ancora impressioni, precisiamo meglio sensazioni che ci sono state riferite, scaviamo nelle possibilità, nei dubbi che ancora rimangono. E, naturalmente, loro sono molto carini con me.
- Vedrai che domani è il gran giorno – mi accarezza Michele.
- Speriamo bene – rispondo – speriamo di avere la stessa fortuna che avete avuto voi!
- Boh, veramente mio padre non si è fatto ancora sentire! Non so se chiamarlo io...
- Non farlo – lo consiglia Debra – in questo momento tua mamma sta lavorando per te... per evitare uno scontro frontale!
- Secondo me è ragionevole che tu lo chiami domani, se non lo fa lui prima – concludo io.
Il mattino del giorno dopo mio padre mi chiama sul telefonino.
- Matilde!
- Ciao, papà – rispondo con il cuore in gola.
- Matilde... stanotte tua mamma e io non abbiamo chiuso occhio. Non sai cosa te ne ha dette dietro...
- Ma, papà, allora avete ricevuto già ieri...
- Sì, ieri sera. Aldo ha fatto un salto a casa ieri a pranzo e, nell’uscire, ha ritirato dalla casella tutta la posta, anche la tua lettera.
- Non mi dirai che l’ha aperta... - lo interrompo terrorizzata.
- Ma che dici, no... Semplicemente ce l’ha consegnata alla sera. Ricevere una lettera da te per mamma e per me era un evento... tale da aspettare che Aldo uscisse dopo cena, per poi leggercela assieme in santa pace... ma quando mai!
- Eh, capisco...
- No, no, non puoi capire... perché in realtà io ero doppiamente in imbarazzo.
- Come, doppiamente?
- Perché, Matilde, io non sapevo che aspetti un bambino, ma sapevo invece che convivi con loro...
- Cosa? Tu sapevi che io sto con Debra e Michele?
- Sì, almeno dalla primavera scorsa.
- E... come facevi?
- Senti, mi vergogno un po’... Però sapevo che tu avevi disdetto, già alla fine del 2001, il tuo telefono di casa. Mi era sembrato subito un po’ strano, anche se capivo che il cellulare può essere sufficiente per una single. Poi però, negli anni, la tua reticenza, mai nessun accenno alla casa, ai tuoi amici, a un eventuale fidanzato... Scusa, ma prima giravi fidanzati come una girandola...
- Papà...
- Poi più niente... Questo a me e alla mamma suonava bizzarro e ci incuriosiva tanto.
- E poi?
- Forse non ti ricordi che ci avevi dato una copia delle chiavi del tuo appartamento. E un giorno, senza dire nulla a tua madre, passando sotto casa tua, ho deciso di fare un salto. Prima ho suonato alla porta anche se, data l’ora, ero sicuro che eri al lavoro. Poi sono entrato... e ho visto.
- Hai visto che era vuoto...
- Sì. Ti confesso che ho rovistato nell’armadio, non ci avevi lasciato neppure un paio di mutandine... niente. In soggiorno c’erano giornali di quasi tre anni prima, c’erano tutti i piatti ma neppure un bicchiere. Ricordo che per essere del tutto sicuro sono andato a vedere dove sapevo tenevi le tue numerose scarpe, nell’armadio a muro... e non ce n’era neppure un paio! Anche uno scemo avrebbe capito che non abitavi più lì da tempo. Di lì a pensare che ti eri trasferita da un uomo, beh, è stato facile.
- Eh, ma non era proprio così...
- Già... ti ho seguita! Non potevo credere che tu non ci avessi mai raccontato nulla... doveva esserci sotto qualcosa di davvero... strano!
- Mi hai seguita? Ma, papà...
- Sì, ho aspettato che tu uscissi dall’ufficio, ti ho seguita in auto mentre tu camminavi a piedi. Ho visto come i giovanotti ti guardano... Ti osservavo da lontano mentre attendevi qualcuno all’ingresso del supermercato xxxxx, in via yyyy. Saranno state le 19, io friggevo perché a casa la mamma stava aspettando e non sapeva nulla di questa mia iniziativa. Ed ecco arrivare una coppia, prima ti abbraccia e ti bacia lui, poi ci si mette lei con un trasporto che mi è sembrato davvero sospetto. Siete entrati nel supermercato, lì vi siete divisi, lui è andato subito con un suo carrello nel reparto vini e birre, mentre voi due con un altro carrello procedevate metodicamente, dalla frutta e verdura in poi. Si vede che credevate di non essere viste, ma io non ero distante. Vi siete baciate in modo tale che anche un sempliciotto come me non poteva avere più dubbi sulla natura del vostro rapporto. Poi avete pagato alla cassa, siete usciti, subito seguiti da me. Avevo posteggiato lì vicino in pieno divieto, vi ho visti uscire dal garage del supermercato con una Passat guidata da lui...
- E ci hai seguiti fino in via hhhh...
- Certo! Lui vi ha sbarcate davanti al portone, voi siete scese con i sacchetti della spesa e siete entrate assieme, mentre lui poi portava l’auto nel box.
Sono rientrato a casa sconvolto, ma non ho detto niente a mamma. La mattina dopo sono uscito presto con una scusa e mi sono di nuovo appostato sotto casa vostra. Vi ho visti uscire tutti e tre, in tempi di poco differenti, per andare al lavoro. Quella per me è stata la prova di quanto avevo già capito dal vostro bacio nel corridoio dei pelati e del caffè.
- Papà... sono senza parole...
- Pensa che io lo sono stato per tutti questi mesi...
- Mi dispiace, papà. E la mamma non sapeva nulla...
- Perché, povero amore, come potevo dirle una cosa del genere...
- No, no, certo. Non volevo dire che dovevi farlo, anzi... ma lei, ora come sta?
- Sta da schifo, cara! E non vuole sentir ragione! Di più... si sta incazzando perché non mi vede così sconvolto come è lei. Ma io non ho alcuna intenzione di dirle che lo sapevo, se no questa diventa una tragedia... Devo far finta di essere arrabbiato anch’io, ma mi riesce difficile... Perché a me questa cosa del figlio che aspetti mi ha riempito di commozione e non so prenderla altrimenti che bene. Io sono felice, Matilde, strafelice. Sto cercando di farle vedere l’aspetto positivo di questa vicenda, ma sai quanto può essere testarda...
- Papà, senti... volevo dirti che in altra situazione mi sarei davvero arrabbiata con te per i tuoi pedinamenti e le tue investigazioni... però io sono inqualificabile, lo so bene. Quindi ciò che mi hai raccontato in fin dei conti mi aiuta. Mi aiuta sapere che in realtà non ero del tutto sola di fronte a un mondo giudicante. Papà, sai quante volte mi sono data della bisessuale, dando alla parola ogn possibile significato negativo? Certo, mi giustifico e mi perdono se penso che bisessuale in realtà è attributo riferibile a chi fa sesso con vari maschi e femmine. E io in effetti con Debra faccio anche sesso, ma di base la amo come un’altra me stessa. E inoltre c’è solo lei, non altre. E di Michele, c’è solo lui... Dunque, bisessuale non ha senso!
- Ho capito, Matilde... nella lettera lo spieghi molto bene!
- Ma io non voglio perdere la mamma! – esclamo mentre non riesco a soffocare un improvviso pianto a singhiozzo.
- È distrutta ed è aggressiva nei tuoi e nei miei confronti. Quando sono uscito di casa questa mattina diceva delle cose irripetibili, imprecava, malediceva e piangeva...
- Va bene, vado a trovarla. Chiedo un permesso e vado da lei.
- Sta attenta, dalle un po’ di corda ma metti in conto che potrebbe davvero dare di matta. Dalle ragione, cerca di calmarla. Io ho fatto quel che ho potuto, ma ora dovete vedervela voi due.
- Le voglio troppo bene... questo lo deve capire!
- Sì, ma si sente ferita. Figurati, tu la conosci, se ne è sempre fregata della gente, di cosa pensa la gente... e adesso fa discorsi del tipo che non riuscirà più a uscire per strada a testa alta! Ma vedrai che ce la fai... tu sei forte come lei, e in più ti porti dentro un bambino che ti dà ancora più forza. Io, Matilde, ti sono vicino...
- Grazie, papà, ti voglio bene!
- Anch’io, amore!
L’incontro con mia madre è stato un vero e proprio mezzogiorno di fuoco al termine del quale siamo uscite entrambe più sconvolte di quanto eravamo all’inizio.
Non mi è stato facile uscire dall’ufficio, ma di fronte alla mia determinazione non c’è stato modo di fermarmi. In preda a un misto di ansia ed eccitazione guido come una pazza fino a casa dei miei. Voglio accorciare a tutti i costi i tempi di attesa, non sopporto che mia madre stia male, ogni minuto in meno è anche un minuto in meno di sofferenza, per lei e per me.
Uscita dall’ascensore entro in casa con le mie chiavi.
- Ciao, mamma! Ci sei? – pronuncio con voce squillante.
Lei è in cucina, seduta al tavolo con una tazza di tè davanti. Povera mamma! È in vestaglia, gli occhi arrossati e gonfi, pallida, i capelli in disordine. Mi guarda senza salutarmi, ma più che furente mi sembra una donna in abbandono.
Mi accosto per abbracciarla chinandomi su di lei, ma lei si divincola con fastidio, non vuole il contatto fisico con me. I suoi occhi s’incrudeliscono di colpo, riacquistando la vita dei pensieri cattivi.
- Cosa credi, che venendo qui a farmi quattro moine riesci a farmi accettare il genere di vita che stai conducendo?
- Mamma...
- Eh, credi davvero di ammorbidirmi facendomi vedere la tua faccia e la tua pancia?
- Dai, mamma, non dire così...
- E credi che non sappia che sei d’accordo con quel fessacchiotto di tuo padre? Ahh, a lui tutto quello che fai tu va bene. Tu potresti fare anche la puttana sui marciapiedi che lui ti amerebbe uguale...
- Mamma, adesso...
- Ma lo sai che quelle come te quattrocento anni fa le bruciavano sul rogo, fino a cento anni fa le mettevano in convento a sfornare il frutto del peccato e poi fuori, una pedata nel culo e via a esercitare nei bordelli!
- Mamma, ora basta...
- Basta lo dico io, tu stai rovinando te stessa e la tua famiglia e pretendi anche che io stia zitta...
- Mamma, io vorrei tanto che tu almeno tentassi di capire – cerco di iniziare con un ciclopico groppo in gola.
- Ma dio santo, proprio a me dovevi capitare... ma cosa ho fatto di male io per avere una figlia come te?
- Ora non ti sembra di avermi insultata abbastanza?
- Se t’insulto è perché vorrei non avere più niente a che fare con te. Ma si può sapere cosa ci trovi a fare l’amore con una donna? Io non posso neppure immaginarle le sozzerie che farete assieme. E quell’altro stronzo che vi sta a guardare e se ne vanta anche. È contento quel cretino... ma ti rendi conto, anche solo un poco, del casino che hai piantato?
- Mamma, io sono venuta qui perché papà m’ha detto che stavi male, e non sono qui per essere insultata ulteriormente. Ti fa star meglio insultarmi? Beh, allora posso ancora trattenermi un po’...
- Se insultarti mi fa star meglio? Io sto di merda, Matilde, tu mi hai assestato un colpo dal quale non vorrei neppure riprendermi.
Ora mi sono seduta al tavolo di fronte a lei, attendo che finisca il suo sfogo, che pronunci prima o poi una qualche parola costruttiva. Ma questo non succede, anzi ora l’epiteto più gentile è “zoccola” per me e “quella gran troia” riferito a Debra. E, credetemi, mia madre difficilmente usa parole del genere.
- E quando saranno nati, cosa farete? Tutti nella stessa casa, appassionatamente? Il figlio degli altri come ti chiamerà, zia? Vi farete vedere dormire tutti assieme, quando saranno un po’ più grandi? O quel cretino di Michele passerà una notte con una e un’altra con l’altra? E le effusioni tra voi due lesbiche quando...
- Adesso basta, mamma. Adesso basta – dico alzandomi decisa a uscire al più presto da quella casa.
- E hai avuto anche il coraggio di chiederci di conoscerli quei due depravati... Io, di depravata, ne ho già una e sei tu. Mi basti e avanzi.
Ormai io piango senza controllo, mi sto rimettendo il giaccone già avviandomi alla porta, esco travolta dai singhiozzi. Mi sembra che il mondo mi stia crollando addosso, l’amore per la mamma è così forte da farmi dubitare delle scelte di vita, di Debra, di Michele, del bambino. Quando guadagno l’auto mi lascio andare a un pianto dirotto e a ogni singulto mi risuonano le ultime e quasi urlate parole di mia madre: - Vai, vai, vorrei non vederti mai più! Vorrei che tu non fossi mia figlia!
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